CARATTERISTICHE - Il "Landrevon de Varma" è una grotta naturale sulle pendici sud del Resettum, importante dal punto di vista storico in quanto nel corso delle guerra di liberazione, a seguito dell'incendio di Barcis una brigata partigiana trovò qui rifugio.
Il percorso è assai lungo su una traccia tanto più difficole da individuare tanto più ci si avvicina alla meta
La prima parte risale il torrente e non presenta particolari difficoltà: traccia sempre molto evidente, alcune bollinature, una scala, una breve corda rendono assai piacevole e facile la risalita.
La seconda parte è quella impegnativa, ove si sviluppa il dislivello e dove la traccia -pur essendo meno visibile ma sempre presente- potrà perdersi in alcuni brevi tratti: una rara bollinatura può aiutare ma per questo segmento serve esperienza e resistenza.
Acqua ne incontreremo spesso e fino all'inizio dell'ultima salita, quindi non è necessario viaggare troppo zavorrati.
NOTE STORICHE - A metà ottobre 1944 i nazisti erano riusciti a completare la "bonifica" dalla resistenza della Valcellina, valorosa esperienza che aveva portato alla costituzione di una Brigata Unificata tra le formazioni garibaldine e quelle osovane (Brigata Ippolito Nievo A) con comando a Claut: circa 9000 soldati ben armati ebbero la meglio di circa 900 partigiani equipaggiati alla meno peggio.
L'11 settembre 1944 a Piancavallo era stato incendiato e distrutto il rifugio Policreti: nella stessa data vennero date alle fiamme le 180 case e 100 stalle dell'abitato di Barcis.
Un mese dopo i nazisti completarono il disfacimento delle forze di resistenza che presidiavano la Valcellina, i cui battaglioni furono costrette a ripiegare: la val Varma fu una delle vie di fuga, in particolare il qui citato Landrebon fu dove ripararono per un mese i partigiano del battaglione Maniago.
Il battaglione Gramsci (garibaldino) transitò per la val Varma per poi scollinare in val Silisia: "Intanto al battaglione Gramsci giunto ad Arcola giunse notizia che Mezzocanale stava per essere occupato, quindi non rimase altra via di fuga che entrare nella ripidissima e tormentata Val di Varma" ... "Il battaglione GRAMSCI aveva riparato nella val di Varma da cui era passata in Val Silisia (tramite forcella Giaveid), da cui risalì alla casera Valine Alta, da cui scese a Poffabro, ridotto ad una trentina di uomini male armati ed in cattive condizioni, agendo contro le puntate tedesche nella zona tra Pian delle Merie e Palabarzana. A metà novembre il comandante Mario Zero colpito da pleurite venne portato prima a Maniago, poi a Codroipo: anche gli uomini, malati o spossati furono costretti a scendere in pianura ed ai primi di dicembre il battaglione cessò di esistere".
Anche il battaglione Cellina (osovano) transitò per la val Varma, rimanendovi però solo alla sua base: "Il battaglione CELLINA da Mezzocanale aveva ripiegato in varie direzioni alcuni rientrarono in pianura ed a fine ottobre contava solo una decina di uomini. Ai primi di novembre un distaccamento (guidato da “Bianco”) si aggregò al Maniago presso malga Caolana, mentre a metà novembre assieme ai resti del PIAVE si spostò alla base della val di Varma, infine si stanziò in capanne di boscaioli sui versanti Est del Piancavallo di fronte Pian delle More, dove passò l’inverno".
Diversa la storia del battaglione Maniago (osovano) sulle cui tracce è dedicato questo percorso: "Il battaglione MANIAGO stanziato a Piancavallo tra malga Valli e Pian delle More rimase con 25 uomini in quelle posizioni. L’11 novembre arrivò la notizia di un imminente rastrellamento a seguito del quale si spostarono a malga Caolana. Il 14 novembre un gruppo di partigiani venne mandato a Tramonti a prelevare materiale bellico: al ritorno (in cui erano anche 6 portatrici di Bosplans) presso forcella La Croce incappò in un reparto repubblichino che uccise un partigiano, ne ferì due e ne catturò uno: le 6 donne vennero arrestate. I repubblichini salirono a malga Caolana con il prigioniero che a seguito di scontro fu abbandonata dai partigiani, che si diressero in val di Varma dove ripararono presso il Landravon di Varma, dove rimasero fino a Natale 1944, quando il battaglione si sciolse per malattie e difficoltà di rifornimenti: una ventina di uomini che non tornarono a casa si recarono in Piancavallo presso Malga Valli e alla Busa di Villotta, dove rimasero fino alla primavera 1945."
DESCRIZIONE - Partiamo dal ponte sul torrente Varma presso la confìluenza con il Cellina, dalla Strada Regionale 251 della Valcellina, poco oltre l'abitato di Barcis, dove (a meno sia una domenica estiva) è possibile trovare alcuni posti per lasciare la vettura. L'inizio del sentiero è proprio pochi metri a ridosso della strada, sulla destra, dove una traccia si inerpica per pochi metri per poi decorrere parallela di qualche metro sopra il torrente Varma. Entriamo nel canalone e dopo circa 200 metri dall'inzio troviamo sulla destra un rudere con tanto di numero civico "località ponte Varma n 2". Proseguiamo oltre decorrendo lungo una traccia abbandonata ma sufficientemente visibile ed ampia da consentire un agevole passaggio seguendo un decorso ondulato con saliscendi ma mai impegnativo fino a giungere (circa a 1,3km dalla partenza) ad un manufatto in cemento (probabilmente uno sbarramento di contenimento del torrente?) poco oltre al quale una breve fune di acciaio ben ancorata ci conduce a valicare una semplice forcellina di pochi metri oltre il quale troviamo un'insolita scala orizzontale che agevola un passaggio altrimenti fastidioso: in breve giungiamo ad un attraversamento del torrente nei pressi di un secondo breve cavo metallico (posizionato però in un modo che non abbiamo però capito). Ora il sentiero decorre lungo la destra ortografica del torrente su continua secondo una via non difficile, ma con parecchi brevi saliscendi. Dopo altri 400 metri giungiamo nei pressi di una diga il cui bacino è stato interamente riempito dai sassi. Qui termina la prima parte di sentiero che risalte il varma: un tratto molto evidente e percorribile, piacevole, e senza particolari difficoltà.
Continuiamo ora decorrendo sulle ghiaie del torrente fino a quando le anse delle acque ci costringeranno ad un doppio attraversamento delle stesse: in periodi "normali" qualche breve salto tra i sassi ci eviterà di dover guadare le acque, evenienza talora possibile. Dopo 400 metri dalla diga il torrente di divide in due: a sinistra il "Canale delle Brente" (abbiamo provato a seguire la traccia nera indicata su mappa ma ci è risultata davvero impraticabile) ed a destra il "Canale di San Daniele": la nostra traccia continua proprio in mezzo ai due canali salendo per la cresta erbosa che funge da bivio tra i due canali (480mslm) e su cui si inerpica a tratti con pendenze discrete e con alcuni brevi passaggi iniziali leggermente esposti, fino a giungere ad una seconda scala verticale in alluminio ben fissata che agevola la salita di un breve tratto. Pochi metri dopo la scala troviamo un poco evidente bivio e continuiamo a sinistra in salita sulla traccia più definita rispetto a quella di destra che in discesa che si riporta verso il canale di San Daniele.
La traccia di sentiero continua ma rispetto a quella prima della diga è meno evidente (in estate potrebbe essere difficoltosa da individuarsi per l'erba alta) e sale in modo impegnativo seguendo la cresta fino a raggiungere quello che in mappa dovrebbe essere il bivio (680mslm) che a destra continua la linea di cresta e si porta a col Musiel: questo è il primo dei due tratti impegnativi per pendenza...si tratta di 600 metri con pendenza al 35%.
Nella realtà il bivio è molto meno evidente che su mappa: noi abbiamo trovato un nastrino ed un bollino che ci ha aiutato: in ogni caso seguire la traccia satellitare qui scaricabile potrà essere di sicuro aiuto, sia qui sia per il tratto successivo.
Il sentiero ora prosegue non più seguendo al dorsale di cresta ma sul fianco sinistro sovrastante il Canale delle Brente: la traccia del sentiero è sempre presente ed in discreto stato di conservazione anche se in alcuni tratti non è ben evidente. Questo segmento ci è sembrato interminabile: un traverso assai lungo con continui saliscendi (sia si sale sia si scende di circa 150 metri per 2 km) fino a portarsi ad attraversare un piccolo torrente (probabilmente asciutto) sui cui scenderemo per una decina di metri per portarci poi sull'altro lato.
Troveremo ora un ambiente nettamente diverso: ci porteremo sulla destra lungo la val Musiel una risaluta a fianco del successico torrente (con acqua) su un modesto pendio lungo in una bella faggeta a bassa pendenza. Noi abbiamo trovato una abbastanza vasta area di alberi caduti che hanno reso difficile orientarci e trovare la traccia: in realtà seguendo con pazienza "satellitare" la traccia originaria, che si trova grosso modo ad una ventina di metri dal torrente si riesce a risalire al conca ed a continuare questo tratto di 800 metri fino ad arrivare ad una bella cascatella (760mslm), utile punto di riferimento.
Qui infatti la traccia devia a sinistra, quindi ci dirigiamo verso la cascata e troviamo il passaggio una ventina di metri oltre la cascata: una traccia si dirige proprio al di sopra della casata sul torrente che la genera e che attraversiamo approfittando di caricare acqua, visto che d'ora in poi non ne troveremo.
Da qui inizia un tratto assai impegnativo per pendenza e su cui dovremo utilizzare le nostre migliori doti di orientamento: la traccia del sentiero si perde e la si può trovare solo in brevi tratti, mentre ci potrà aiutare i resti dell'antica bollinatura rossa e la traccia satellitare.
A quota 980mslm facciamo attenzione perché noi -seguendo una traccia evidente che si dirigeva a destra- ci siamo fatti ingannare e non abbiamo individuato un bivio in cui avremmo dovuto andare a sinistra ...siamo rientrati senza fugare il mistero di dove portasse la netta traccia che andava a destra.
Grosso modo si tratta di un decorso rettilineo in salita (è il secondo dei due tratti impegnativi per pendenza...si tratta di 1200 metri con pendenza al 30%) fino a raggiungre il massicio roccioso del Landrevon de Varma (1170mslm) attorno al quale vi sono altre cavità naturali.
Il rientro avviene lungo lo stesso tratto dell'andata: ci rimane il dubbio se sia possibile compiere l'anello salendo sulla destra orografica del canale delle Brente, opzione possibile sulla carta, ma che nella realtà a noi non è sembrata percorribile...