CARATTERISTICHE - In sentiero alpinistico Arturo Marini è un percorso alpinistico (ex CAI 352) parte dell'alta Via n° 6 o Alta Via dei Silenzi, inaugurato nel 1964 e dismesso circa dal 2009, in quanto la franosità della parte alta del grande e pendente ghiaione di San Lorenzo rendeva impossibile la manutenzione ed ostico il transito; inoltre abbiamo contato 4 brevi passaggi franati nel tratto di sentiero tra il rifugio Pordenone e la sella ove si entra nel catino del San Lorenzo; infine alcuni passaggi delicati della cengia sotto le pareti del San Lorenzo.
Il sentiero metteva in comunicazione il Rifugio Pordenone con il bivacco Gervasutti, offrendo una preziosa opportunità di collegamento in quota anche verso il Rifugio Tita Barba.
Siamo andati a visionare le possibilità di passaggio nel 2023, da cui abbiamo ricavato le considerazioni che trovate in questa relazione.
Il sentiero in effetti non è per escursionisti (molto) esperti, ma necessita di una minima capacità di tipo alpinistico.
Troveremo un'unica possibilità di incontrare acqua nei pressi di Col Cadorin; una seconda possibiltà di acqua nei pressi dell'incrocio tra CAI 389 e 356 sotto forcella Spe, quindi a seguire lungo tutta la valle di Santa Maria.
Il sentiero era dedicato al giovane Arturo Marini deceduto per un aneurisma aortico a 17 anni, al quale il padre alpinista ha voluto rendere memoria.
DESCRIZIONE - Da Pian di Meluzzo (1174mslm), nei pressi del Rifugio Pordenone origina il sentiero CAI352, che risale la val Montanaia, ove molti si inerpicano per vedere il noto campanile. A 500 metri dalla partenza (23%) si trova un bivio (1330mslm) che a sinistra porta al primo (1400mslm) ed al secondo (1460mslm) belvedere (400 metri da bivio, 19%) da cui la vista su campanile e sul catino alto della val Montanaia è davvero notevole.
Qui si interrompe la percorrenza del dismesso sentiero alpinistico Marini, la cui traccia sul terreno rimane ben evidente e con una bollinatura ancora discretamente frequente e conservata (anno 2023...): si inizia con un tratto in salita su una costa in sottobosco di faggio, fino a giungere dopo altri 600 metri (18%) ad una sorta di conca ove sorgeva la Casera Le Corde (1503 mslm), ma dei cui ruderi non abbiamo trovato traccia.
Dopo il toponimo le Corde la salita prosegue per 250 metri (28%) quindi il sentiero piega decisamente sulla destra e decorre in modo pressochè orizzontale per un tratto di saliscendi nel sottobosco fino a giungere a 2 km dalla partenza ad un primo attraversamento delicato su un piccolo ghiaione (100 metri) sotto le sovrastanti cime Le Corde (sulla destra), dove il difficile è rappresentato dal breve passaggio iniziale (5 metri) su un piano inclinato su sabbia dura, che rappresenterebbe uno scivolo ad imbuto sul sottostante canale con una certa esposizione.
Oltre il ghiaione il sentiero prosegue lungo un taglio tra mughi fino a giungere ad un secondo agevole attraversamento di un gravone valicabile senza problemi, oltre cui la salita riprende verso una prima insellatura che delimita la valletta de le Corde da quella del Col Cadorin
Proseguiamo in un taglio orizzontale tra mughi che circumnaviga la seconda valletta ove incontriamo altri 3 brevi passaggi delicati a distanza ravvicinata: qui il sentiero è stato rovinato ed interrotto dal dilavamento di ghiaie. I punti critici non sono molto lunghi (circa 3 metri) né tecnicamente impegnativi, ma il difficile consiste nell'attraversare brevi piani inclinati su sabbia dura con passo sicuro, considerato che si tratta di scivoli naturali ad imbuto, in cui cadere implicherebbe cadute notevoli e verosimilmente non solo rovinose.
Dopo un breve passaggio tra mughi, entriamo in un tratto di sottobosco di pini fino a raggiungere i ruderi della casera Col Cadorin (1741mslm) anch'essi non visibili e ridotti a toponimo: poco prima di essi troviamo una piccola sorgente che sarà probabilmente l'unica possibilità di attingere acqua durante la percorrenza.
Continuiamo salendo su sottobosco in un tratto leggermente inerbato fino a raggiungere una seconda insellatura (1830mslm) straordinariamente panoramica sulla cresta che divide la valle di San Lorenzo da quella da cui proveniamo: da qui possiamo intravedere in lontananza il puntino rosso dei bivacco Gervasutti appollaiato in una magnifica e ampia conca, nonché l'immensa ed apparentemente invalicabile parte alta del conoide ghiaioso del canale di San Lorenzo, che ci attende e sfida.
Da qui il sentiero piega sulla destra e dopo un altro tratto per taglio di mughi si porta ad una lunga e sottile cengia che decorre per un lungo tratto sotto le pareti Ovest del monte San Lorenzo, fino a sbucare sul margine destro/Est del ghiaione. Circa a metà della percorrenza verso il grande ghiaione attraversiamo un piccolo ghiaione che scende da destra e che è il punto da cui si sale a forcella Stretta.
Nella seconda parte entriamo nella panoramica e suggestiva esile cengia che decorre sotto i paretoni, ove incontriamo un quinto breve passaggio delicato simile ai precedenti da valicare con attenzione.
La cengia si tiene sempre alta sotto i grandi paretoni, mantenendosi grossomodo alla stessa quota (1850mslm) e si conclude nei pressi della parte alta del ghiaione: poco prima di sbucarvici, un importante movimento franoso ha interrotto la linea originaria del sentiero e quindi è stato ricavato un passaggio ad una decina di metri più in alto, sempre a ridosso dei paretoni che raggiungiamo inerpicandoci per pietre e continuando sulla parte terminale della cengia, che si conclude nel ghiaione di San Lorenzo, poco oltre la targa commemorativa ad Arturo Marini.
Fermiamoci un attimo a guardare sul lato opposto il taglio a zig zag del sentiero che risale tra i mughi sul versante opposto del ghiaione e a cui dovremmo puntare, dopo l'attraversamento dello stesso: la prima metà (Est) del ghiaione è costituite da pietre di grandezza mediopiccola, stabili ed in cui non è difficile individuare la traccia originaria, anche grazie ai resti dei vecchi segnavia.
Il problema è rappresentato dalla seconda parte (Ovest) in cui una immensa frana ha dilavato e fatto scivolare gli strati superficiali ed è rimasta la base sottostante, fatta per lo più di dura e fine sabbia compatta, pressoché invalicabile.
Qui non ci sono alternative che scendere per circa un centinaio di metri fino quando -all'altezza del sentiero che si intravede evidente tra erbe e mughi- individuiamo quale sia il punto migliore dove attraversare la parte franata: grossolanamente più si scende alla base più il passaggio sembra semplice. Rispetto ai passaggi precedentemente valicati, questa parte è assai più estesa e si rivela anche molto più faticosa, trattandosi di salire sul duro piano inclinato di sabbia compatta, anche se l'esposizione ad eventuali cadute sembra minore rispetto ai passaggi precedenti.
NOTA: se arrivando a questo punto non ce la sentiamo di proseguire lungo il tratto che ci attende, questo è il momento per scegliere se rinunciare, in quanto da qui è possibile continuare a scendere lungo il canale di San Lorenzo, che porta fino a Pian Pagnon: questa è l'unica (e facile) via di fuga che ci permette di interrompere la percorrenza del Marini.
Una volta raggiunto l'intaglio che risale tra mughi le difficoltà sono concluse: dopo un tratto discretamente pendente entriamo nella conca del Gervasutti, dove per comodi prati e per passaggi tra mughi raggiungiamo senza difficoltà il bivacco.
Dal bivacco Gervasutti (1940mslm) in pochi metri raggiungiamo l'insellatura che separa la valle di San Lorenzo da quella di Santa Maria: dalla insellatura il vecchio sentiero che la valicava è interrotto, quindi saliamo a destra per la cresta per circa 20 metri, quindi pieghiamo a sinistra, decorrendo orizzontamente tra le sabbie lunari del tratto che conduce a forcella Spe (2044 mslm)
La salita a cima Spe (2314mslm) è sicuramente invitante ma ingannevolmente semplice: dalla forcella saliamo seguendo la linea di cresta.
Gran parte della percorrenza sale lungo una spettacolare cresta su sabbia dura, mentre per alcuni tratti decorre sulla sinistra tenendosi pochi metri sotto di essa. Presenta alcuni passaggi leggermente esposti e si conclude riportandosi attraverso un'ostica e ripida canalina di una ventina che sale per una ventina di metri fino a riportarci sulla cresta, poco prima della cima che raggiungeremo in breve. Il panorama dalla cima è davvero straordinario. Per rientrare non ci sono alternative che rientrare a forcella Spe, facendo molta attenzione soprattutto alla scivolosità del fondo compatto ed a tratti pendente, inoltre alla friabilità della roccia su cui fare affidamento per gli appigli.
Da forcella Spe ci attendono interminabili 6,6km per rientrare a Pian Fontana (perdiamo 1170 metri di quota e con una fastidiosa salita preterminale di 70 metri): troveremo la prima acqua non lontano da forcella Spe nei pressi del bivio tra CAI 389 e CAI 356 (1960mslm), quindi poco sotto ne incontreremo in abbondanza anche attravresando più volte le fresche ed abbondanti acque del torrente di Santa Maria.